L’approvazione definitiva della Legge di Stabilità, votata dalla Camera il 23 dicembre 2014, liberalizza completamente il mercato dell’autotrasporto, eliminando l’obbligo di adottare i costi minimi della sicurezza. Ma che cosa succederà alle cause d’inadempienza in corso? A soli tre mesi dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha bocciato l’applicazione dei costi minimi di sicurezza italiani, il Governo ha abolito completamente questo istituto, lasciando la definizione del prezzo dell’autotrasporto “all’autonomia negoziale delle parti”, come recita il testo della Legge Stabilità. Termina così una lunghissima vicenda che risale addirittura agli anni Ottanta, quando vennero introdotte le tariffe a forcella, stabilite per legge tramite specifiche tabelle con minimi e massimi (da qua la definizione di “forcella”). Una prima forma di liberalizzazione è stata adottata eliminando le tariffe a forcella, ma compensando con l’istituzione dei costi minimi di sicurezza, che comunque sono stati visti (e combattuti) dalla committenza come una continuazione del precedente regime.
La vertenza sui costi minimi si è sviluppata su due binari: quello politico e quello giudiziario. Alla fine, i committenti hanno vinto sul secondo a livello europeo e ciò ha avuto immediate ripercussioni anche sul primo. Così, il Governo ha sfidato l’autotrasporto, imponendo senza trattativa l’eliminazione dei costi minimi e finora sembra aver vinto la sfida, perché le associazioni di categoria non sembrano avere la capacità di reagire in modo consistente. D’altra parte, i costi minimi non hanno avuto un’applicazione generalizzata (ma lo stesse avvenne con le tariffe a forcella) e la loro esistenza sembra aver senso più che altro come strumento di rivendicazione postuma nelle aule di tribunale.
Ora, proprio la sorte delle cause in corso sui costi minimi (secondo Trasportounito sono circa duemila in tutta Italia) è l’incognita portata dalla nuova legge. La norma non è retroattiva, quindi le vertenze attivate finora non vengono automaticamente archiviate. Resta la discrezione del singolo magistrato a ritenere più o meno valida l’applicazione dei costi minimi. Con un’importante eccezione: la sentenza del Tribunale europeonon ritiene validi i costi minimi attuati tramite le tabelle dell’Osservatorio dell’Autotrasporto (attivo da ottobre 2011 a settembre 2012). In questi casi, i giudici devono archiviare il caso a favore della committenza.
Resta ancora aperta la questione dei trasporti precedenti a ottobre 2011 e successivi a settembre 2012. Finora, i giudici hanno ancora discrezione. Per esempio, il 25 novembre scorso il Tribunale di Sassari ha emesso un decreto ingiuntivo per il mancato pagamento al vettore delle differenze tariffarie per i trasporti effettuati negli anni 2010 e 2013, pari a 58.399,70 euro, come riferisce lo Studio Legale PSP. Secondo gli avvocati Francesco Cecconi e Gaia Cipriani, tale decisione “conferma dell’interpretazione da noi prospettataall’esito del deposito della nota pronuncia sul tema circa la possibilità, ancora oggi, di azionare le differenze tariffarie in base ai costi minimi stabiliti dal ministero, con esclusione quindi della legittimità dei soli criteri dettati dall’abolito Osservatorio (e quindi da ottobre 2011 al mese di settembre 2012 compresi)”.
D’altra parte, alcune associazioni della committenza invitano gli associati a contestare in Tribunale la legittimità dei costi minimi (presentando ricorsi contro sentenze già eseguite) pure per i trasporti svolti prima di ottobre 2011 dopo settembre 2012, perché la sentenza della Corte Europea afferma che non sono provati i benefici dei costi minimi sulla sicurezza stradale, minando così la loro legittimaità nell’ambito della normativa comunitaria. La questiore resta quindi aperta e nei prossimi mesi vedremo quale sarà l’orientamento di massima dei giudici.
Aboliti i costi minimi dell’autotrasporto
- Nicaragua avvia i lavori per il canale Pacifico-Atlantico
- Alleanza tra WFS e Ata Italia per handling aeroporti