La società di ricerca Drewry spiega quali sono le compagnie marittime che migliorano i risultati di bilancio riducendo il costo unitario di trasporto dei container imbarcati. Le compagnie di navigazione di linea possono fare soldi anche mentre i noli per il trasporto via mare dei container continuano a scendere? La risposta è sì. Drewry Maritime Research, in un approfondimento sul settore intitolato “How carrier can make money”, si è dedicata proprio a un’analisi approfondita dei conti dei principali liner sottolineando che, come risulta dalle ultime trimestrali pubblicate, sono sempre di più quelli che sono tornati a guadagnare (da 5 a 10 nella classifica delle top 25 compagnie). Per molti di loro, però, un trimestre di guadagni non sarà sufficiente a compensare le perdite della prima parte dell’anno.
Molte shipping company hanno potuto sperimentare che, riducendo notevolmente il costo unitario di trasporto di ogni singolo teu, possono compensare il calo unitario dei ricavi conseguente a un mercato dei noli ancora piuttosto depresso. Cioè se le entrate per container trasportati sono scese mediamente (nel primo semestre del 2014) del 4%, è possibile operare in utile se i costi vengono mediamente tagliati del 6%.
Un concetto che tutti hanno capito e condiviso ma che per alcuni (vedi Maersk e CMA CGM) è stato avviato da più tempo poiché le due compagnie hanno iniziato per prime a puntare sulle navi Ultra Large, che possono ridurre il costo unitario di trasporto di ogni teu imbarcato sfruttando al massimo le economie di scala. Un dato certo (lo dicono i bilanci trimestrali delle compagnie) è quello che nel 2014 i ricavi per teu sono diminuiti rispetto all’esercizio passato e ciò impone una ricerca di efficienza ancora maggiore da parte dei global carrier. L’analisi di Drewry rivela che le compagnie che hanno sofferto maggiormente per la riduzione dei noli sono CSAV, Zim, Hyundai e Hapag Lloyd che, non a caso, nel primo semestre dell’anno hanno fatto registrare bilanci in rosso.
Minori ricavi per teu non significa necessariamente impossibilità a operare in positivo. Gli analisti inglesi hanno infatti riportato i caso di OOCL (Ebitda 4,2% nel primo semestre del 2014), CMA CGM (Ebitda del 4,8%) e Maersk (8%) sottolineando che la riduzione del costo unitario di trasporto dei container può aiutare a conseguire risultati di bilancio positivi se armonizzata nel modo giusto con il numero di container trasportati e i ricavi.
Per OOCL, ad esempio, nella prima parte dell’anno i volumi sono aumentati del 10,1%, i ricavi sono scesi solo del 2,8% mentre il costo unitario di trasporto è crollato del 6,8%. Guardando ai costi di trasporto di ogni singolo container imbarcato, la compagnia di navigazione di Hong Kong è la più competitiva nonostante non abbia una flotta composta da navi Ultra Large Container Carrier.
Per CMA CGM, invece, l’Ebitda del 4,8% è stato ottenuto grazie a un calo identico dei ricavi e dei costi unitari di trasporto. Il primo della classe, Maersk Line, è riuscito a ottenere un netto miglioramento dei risultati finanziari grazie a una riduzione del costo per teu dello 0,2%, a fronte di un incremento dei volumi trasportati pari a 600mila teu. Il calo dei ricavi è stato invece limitato a un 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2013.
Secondo le stime di Drewry, la compagnia danese quest’anno riesce a guadagnare 115 dollari per ogni teu trasportato, mentre l’anno scorso non andava oltre i 76 dollari per teu imbarcato. Le altre compagnie più efficienti seguono a distanza: CMA CGM guadagna circa 66 dollari/teu mentre OOCL non va oltre i 48.
Il commento finale degli analisti inglesi è che sarà necessario per le compagnie di navigazione continuare a migliorare il rapporto costo/teu trasportato (fino al limite massimo possibile) perché c’è sempre il rischio che i ricavi possano crollare (lo dimostra il recente calo dei noli sulla rotta Asia-Europa). Per una ripresa più stabile dei risultati, i global carrier dovranno in qualche modo riuscire ad aumentare il ricavo unitario per container trasportato.
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