La prima reazione italiana al documento diffuso il 14 ottobre 2014 da sette porti del Nord contro i finanziamenti Ten-T agli scali meridionali arriva dal presidente dell’Autorità Portuale di Venezia, Paolo Costa.
Costa accoglie l’invito che il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha lanciato il 15 ottobre 2014 all’assemblea di Confitarma per riformare il prima possibile l’ordinamento portuale italiano, perché “Il destino dell’industria italiana, in un mercato sempre più globale, è legato a doppio filo con quello della portualità nazionale”. Poi, il presidente del porto di Venezia fa un appello alla coesione, citando il documento del 14 ottobre firmato da sette scali del Nord: “Dobbiamo evitare che i porti italiani si becchino come polli di Renzo, mentre i porti di Anversa, Zeebrugge, Amburgo, Brema, Rotterdam, Amsterdam, Groningen e Moerdijk riscaldano la loro zuppa alimentando il fuoco con i fondi europei”.
Costa chiede quindi un “piano della portualità nazionale capace di contendere i propri mercati all’invadenza della portualità del Mar del Nord”. Tale piano sarebbe già disegnato in sede europea dai regolamenti Ten-T 1315 e 1316/2013, che hanno suggerito integrazioni porto-corridoio tra sistemi portuali e corridori ferroviari, stradali e di navigazione interna alla cui radice meridionale i porti italiani si collocano: nell’alto Tirreno, nell’alto Adriatico, nel basso Tirreno e nel basso Adriatico oltre che a Gioia Tauro come caposaldo italiano del transhipment.
Costa avverte anche che “Nessun porto nazionale può superare il triplice esame dell’accessibilità nautica, dei grandi spazi a terra, e della capacità inoltro verso il retroterra, necessari per dare accoglienza alle navi di sempre più grande dimensione e risposta alle sempre più ampie concentrazioni oligopolistiche che dominano la catena la catena logistica sia sul lato terra sia sul lato mare”. Per risolvere questo stallo, Costa propone di “Costruire sistemi portuali articolati in più di uno degli scali oggi retti autonomamente”.
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